1 Giugno 2017 20:00
Teatro Alighieri di Ravenna | IT
nell’ambito di Ravenna Festival 2017
Danze, voci, suoni del Futurismo italiano
Le danze di Uccidiamo il chiaro di luna di Silvana Barbarini decollarono alla Scuola Paolo Grassi, nel 1997, per l’allora Atelier e oggi Corso di Teatrodanza. Silvana era stata allieva dell’unica danzatrice futurista, scoperta da Filippo Tommaso Marinetti, quando, appena sedicenne, danzava i versi del poeta comasco Escodamè e del “parolibero” Gioia e nel 1931 la Sinfonia aerea del compositore Pick Mangiagalli. In lei – ex ballerina sulle punte, stanca dell’accademia – Marinetti intravvide subito l’ideale corpo della sua Danza dell’aviatrice e forse non a caso. Giannina, ebbe Rosina Ferrario come zia materna, la prima donna dell’aviazione italiana e tra il 1929 e il 1930 si era affiancata al celebre aviatore Mario De Bernardi per spericolati voli acrobatici. Nel novembre 1931, durante l’inaugurazione della Mostra di aeropittura e scenografia futurista alla Galleria Lino Pesaro di Milano, la Censi si esibì in un alluminico costume “balneare futurista”, firmato da Enrico Prampolini, mentre, dietro le quinte Marinetti declamava il suo A mille metri su Adrianopoli bombardata e Serie di seconde parti di immagini aviatorie. Fu uno shock per il pubblico e per la critica: entrambi reagirono lanciando ortaggi e improperi, e l’aerodanza, idea originalissima del Futurismo, non ebbe seguito se non nel 1979 allorché la Barbarini, con Alessandra Manari (altra giovanissima allieva della Censi) decisero di ricomporre liberamente l’esperienza della loro insegnate, e sotto i suoi occhi vigili.
Nacque un evento importate nella storia della danza contemporanea italiana: Siio Vlummia Torrente. Da allora una serie di nuovi spettacoli neofuturisti, ispirati a materiali storici di poeti, artisti visivi e musicisti del movimento marinettiano, furono allestiti ancora dalla Barbarini. Solo alla Scuola Paolo Grassi, tuttavia, e su nostra indicazione, la danzatrice-coreografa osò impegnarsi nella ricostruzione non filologica delle tre danze del Manifesto futurista della danza (La danza dello Schrapnel, della Mitragliatrice e dell’Aviatrice).
L’esperienza rivelò, all’epoca, aspetti ignorati, in genere, dalla didattica italiana: quali l’impiego di un’energia discontinua, crescente e decrescente, contratta e decontratta in intervalli di tempo molecolari e la valorizzazione del microgesto e di una microdinamica, mai fine a se stessa ma alla eventuale ricomposizione di un universo di senso e di poesia ove il gioco e l’ironia siano veicoli creativi oltre che espressivi.
Marinella Guatterini