17 Maggio 2013 21:00
Teatro Studio Mila Pieralli Scandicci | IT
Il volto umano non ha ancora trovato la sua faccia ed è compito del pittore trovargliela.
Antonin Artaud
In questa performance, che si avvicina a un rito, Olivier de Sagazan, poliedrico artista francese nato in Congo, mette in scena la trasformazione di un volto che a poco a poco perde i suoi tratti umani.
Un allestimento minimale concentra l’attenzione sull’artista, da solo sul palcoscenico, con dell’argilla come unico materiale.
Sotto gli occhi dello spettatore un nuovo viso si modella, un’identità si forma e si deforma: un impiegato d’ufficio senza storia, alla ricerca spasmodica della sua vera identità, si trasforma assumendo sembianze mostruose e svelando la sua parte nascosta.
Questo entusiasmo per la decomposizione lascia anche intravedere il bisogno fondamentale dell’artista di togliere i tabù di questa sorta di “Sacro Volto” per tornare a una semplice “testa di carne macellata”, come diceva Deleuze a proposito delle figure dipinte da Francis Bacon.
L’espressività di questo atto provoca le coscienze, ricordando la profonda corruttibilità del volto e l’innominabile che lo abita.
Affascinato da questa performance, il regista Ron Fricke, autore di Baraka e direttore della fotografia di Koyaanisqatsi, l’ha inserita nel suo ultimo film Samsara come elemento rivelatore di una società che oscilla verso altri paradigmi sociali.