Dal 30 giugno al 3 luglio il Festival au Désert porta a Firenze la magia dell’incontro in musica tra culture lontane, per quattro giorni di ritmi, riflessioni e socialità. Il festival che ha fatto dell’itineranza la sua essenza, dopo aver toccato Le Murate e piazza Ognissanti, quest’anno arriva per la prima volta negli affascinanti spazi della Manifattura Tabacchi, a pochi passi dal Parco delle Cascine in cui ha preso il via nel 2010.
Tra gli artisti ospiti della nona edizione: Baba Sissoko (Mali), Ibaaku (Senegal), Ballaké Sissoko (Mali), Clap Clap (Italia), Les Filles de Illighadad (Niger), Acid Arab (Francia).
Il programma, al contrario delle precedenti edizioni, gioca quest’anno sui contrasti – anche per far emergere i corto circuiti che si stanno manifestando a livello sociale e geopolitico – e presenta ogni sera un concerto legato alla tradizione musicale di riferimento (Mali, Senegal, Niger…) e, a seguire, artisti che lavorano sull’elettronica più sofisticata, spostando i confini della musica africana verso il futuro.
Oltre ai concerti dei protagonisti della musica del Mediterraneo e della cultura tuareg e berbera, il progetto si sviluppa attraverso incontri, attività per le famiglie, proiezioni, percorsi gastronomici, reading, all’insegna del tema del transito e della migrazione.
Il Festival au Désert di Firenze è un progetto musicale multiculturale che dal 2010 ha realizzato una rete per la creazione contemporanea tra Africa, Mediterraneo ed Europa, a partire dalla collaborazione tra il Festival au Désert di Essakane (Mali) e la Fondazione Fabbrica Europa. È realizzato con il contributo del Comune di Firenze nell’ambito dell’Estate Fiorentina 2018, Regione Toscana, Ente Cassa di Risparmio di Firenze, in collaborazione con Institut français Firenze, Manifattura Tabacchi, Unicoop Firenze, SDIAF.
Il Festival au Désert sarà anticipato, a partire dal 25 giugno, dal progetto Dei Suoni i Passi, trekking musicale che unirà Bologna e Firenze attraverso la Via degli Dei, realizzato da Fondazione Fabbrica Europa con il contributo della Città Metropolitana di Firenze.
IL PROGRAMMA
SABATO 30 GIUGNO dalle 19:00
Vocabolario Mondo
Eyo’nlé Brass Band (Benin)
Dj Khalab (Italia)
DOMENICA 1 LUGLIO dalle 19:00
incontri, workshop, cibo, visual, artigianato
Baba Sissoko (Mali)
Ibaaku dj set (Senegal)
LUNEDÌ 2 LUGLIO dalle 19:00
incontri, workshop, cibo, visual, artigianato
Ballaké Sissoko (Mali)
Clap! Clap! live set (Italia)
MARTEDÌ 3 LUGLIO dalle 19:00
incontri, workshop, cibo, visual, artigianato
Les Filles de Illighadad (Niger)
Acid Arab dj set (Francia)
La Eyo’nlé Brass Band ci porta in un viaggio unico e autentico nella sua Africa dove si mescolano ritmi, danze e canti. È una delle poche fanfare africane che è riuscita a farsi conoscere internazionalmente: una tradizione di ottoni dai paesi che si affacciano sul Golfo di Guinea, che mescola Afrobeat Yoruba, la musica highlife del Ghana e i ritmi voodoo del Benin. Un’incredibile miscela musicale arricchita dalle molteplici esperienze e collaborazioni del gruppo.
Si canta, ci si muove, si balla: questa è la Eyo’nlé Brass Band. Lo stesso nome del gruppo è emblematico: ’Eyo’nlé significa “Rallegriamoci”!
Il viaggio di Khalab è senza continuità: dalle tribù più ancestrali al cosmo inesplorato, dalla giungla nera ai grattacieli, dal subconscio più remoto alla proiezione più lontana e reale della futura Africa. Il suo primo lavoro è “EUNOTO EP”, pubblicato per Black Acre Records, un’etichetta indipendente con sede a Bristol che negli ultimi anni ha lanciato headliner e grandi protagonisti come Romare e Clap Clap. La collaborazione di Khalab con Clap Clap su vari brani, ora parte delle ultime opere di entrambi gli artisti, ha consolidato questa coppia come una delle più interessanti a livello internazionale per ciò che riguarda l’afrofuturismo. Allo stesso tempo DJ Khalab ha portato avanti un lavoro a quattro mani con il griot maliano Baba Sissoko dando vita a una prolifica collaborazione che ha portato alla creazione di un disco per l’etichetta newyorkese dei dischi di Whonderweel. Il tema centrale di questo album, chiamato semplicemente “Khalab e Baba”, è la fusione di due culture attraverso la musica elettronica afrofuturistica di Khalab e la tradizione della musica maliana di Sissoko e sta ottenendo un riconoscimento a livello mondiale. Nel 2015 Khalab è stato ingaggiato da Ninja Tune per un’ora di mix al leggendario Solid Steel e per l’occasione ha creato un beat tape che è stato poi rilasciato sotto forma di un “nastro” per Black Acre. Al momento sta lavorando al suo nuovo album e alla postproduzione del suo progetto con musicisti Tuareg, realizzato nel campo profughi di Mberra nel mezzo del deserto al confine con il Mali.
Baba Sissoko, nelle sue stesse parole: «Il disco “Mediterranean Blues” è la registrazione di un concerto che ho tenuto a San Piero Patti (Messina), nell’ambito del festival Blue Notes nel Borgo 2015. Le canzoni eseguite raccontano una storia, e la raccontano secondo lo stile proprio delle mie origini culturali, quello che io chiamo “Amadran” ma che tutti conoscono con il nome di “Blues”.
I sette brani del disco sono tutti dei blues, perché raccontano delle storie con uno stile che viene dall’anima; il concerto è una sorta di viaggio nei pensieri e nei sentimenti, ma è anche un viaggio di persone che, pur provenendo da contesti sociali e culturali diversi, sono accomunate dall’amore verso la musica e dalla convinzione che niente sia più efficace delle note musicali per diffondere e condividere dei messaggi.
Ho voluto quindi chiamare questo disco “Mediterranean Blues”, perché il mare Mediterraneo è da sempre un luogo che ha favorito l’incontro tra culture, popoli e tradizioni diverse. Questo felice incontro si è ripetuto anche nel concerto di San Piero Patti, perché in scena, a condividere il palcoscenico, i sentimenti e la musica, c’erano musicisti provenienti da continenti diversi (l’Africa e l’Europa, nello specifico Mali, Camerun e Sud Italia), ma accomunati dalla stessa anima e dal medesimo “Blues”!
Ibaaku, l’ultimo dei nomi che il musicista Stephen Bassene si è dato, è un artista in movimento, spinto da un’eclettica e insaziabile voglia di sound. Compositore, multi-strumentista, producer, nato a Dakar, prima di intraprendere il suo percorso personale, ha collaborato per alcuni anni con i migliori artisti hip-hop del Senegal, tra cui Xuman, Keyti, Daara J, PPS, e fa ancora parte del collettivo I-Science.
«Cerco sempre di trovare l’armonia attraverso il rumore» dice a proposito della sua elettronica che trova ispirazione nei paesaggi sonori di Dakar. Moto e cantieri in attività sono tra le fonti di ispirazione delle sonorità del suo album “Alien Cartoon”, diventato colonna sonora di una sfilata di moda dello stilista senegalese Selly Raby Kane che immaginava una città africana invasa dagli alieni. E Ibaaku in effetti è un po’ un alieno, con la sua musica da lui stesso definita “Afro-ipnotica sperimentale”: un universo futurista in cui convivono hip-hop ed elettronica, mescolati a ritmi senegalesi, e qua e là qualche riferimento a Flying Lotus.
Le corde della kora, strumento tradizionale africano simile all’arpa, risuonano fortemente evocative e sanno trasportare la mente e lo spirito in percorsi ricchi di spiritualità. Ballaké Sissoko, artista proveniente dal Mali, è uno dei più grandi virtuosi di questo strumento a 21 corde, ricavato da una grande zucca svuotata del contenuto.
Figlio di Djelimady Sissoko, grande maestro della kora mandinga, suona nel prestigioso Ensemble Instrumental National du Mali e accompagna vari cantanti maliani, prima di giungere sulla scena internazionale grazie alle collaborazioni con Toumani Diabate in New Ancient String e Taj Mahal nel progetto Kulanjan. In Italia ha una collaborazione ormai consolidata con il compositore e pianista Ludovico Einaudi con il quale ha inciso l’album “Diario Mali” e ha suonato al prestigioso Festival au Désert in Mali. Da questa esperienza è nata un’amicizia e un progetto che li ha portati ad esibirsi in numerosi altri festival.
Strumentista di straordinario talento, Sissoko si ispira alla tradizione, forgiando uno stile personale e innovativo sempre aperto a nuove esperienze musicali. In Francia ha recentemente riscosso un grande successo con il suo ultimo progetto “Chamber Music” in duo con il violoncellista Vincent Segal uscito per No Format.
Dopo il successo di “Taji Bebba”, uscito nel 2014 e prodotto da Black Acre, Clap! Clap! nel 2017 ha realizzato un nuovo album, “A Thousand Skies”. Un mix di sound in cui intervengono anche il cantante folk sudafricano Bongeziwe Mabandla, il duo berlinese OY, il beatmaker italiano HDAAD e la band sudafricana Jonh Wizard.
Artista e producer elettronico italiano, conosciuto ai suoi esordi con lo pseudonimo di Digi G’Alessio, CLAP! CLAP! è capace di rimescolare le carte della world music e fonderle con il mondo dell’hip hop, del footwork di Chicago e della house. Sempre nel 2017 ha collaborato come produttore per l’ultimo lavoro di Paul Simon “Stranger to Stranger”.
La musica di Fatou Seidi Ghali e Alamnou Akrouni – Les Filles de Illighadad – potrebbe essere definita, per mancanza di una parola migliore, “tradizionale”. È quella musica che riempie la quotidianità con un suono familiare. È una musica rurale. La musica di un villaggio nel deserto. Musica per quando non si ha l’elettricità.
Fatou e Alamnou vivono in un piccolo nucleo di case di fango riunite nello scosceso Sahel del Niger centrale. Les Filles de Illighadad sono questo, e questa è l’essenza della loro musica.
«La più grande differenza tra qui e da noi? Da noi, nel nostro mondo, il deserto, non ci sono frontiere. Qui sono dappertutto. Ci vogliono i visti per attraversarle. Ci dicono: mostrate i vostri documenti, fate questo, fate quello, andate qui… Da noi, no. Noi siamo liberi di andare dove vogliamo nel deserto, senza che nessuno che ci dica cosa dobbiamo fare».
Acid House e atmosfere mediorientali si fondono nella musica del duo francese Acid Arab, formato da Guido Minisky e Hervé Carvalho. Dopo anni di esperienze come dj nei club parigini, Minisky e Carvalho sono rimasti affascinati dalla musica tradizionale nordafricana e mediorientale, dalle sue strutture ritmiche complesse che, come l’acid house, fanno cadere in uno stato di trance chi la ascolta. Da qui l’idea di creare qualcosa di nuovo, in cui i suoni intensi e affilati della tecno e della house si incontrassero con le melodie, le armonie e i canti del mondo arabo. Gli Acid Arab hanno così dato vita a una nuova forma di world music, appropriandosi dei codici della musica mediorientale e trasformandoli con gli strumenti analogici tipici della tecno, come la beatbox e la bassline machine. A ottobre 2016 è uscito il loro primo album, intitolato “Musique de France”, per l’etichetta belga Crammed Discs.
“Parlare di mixing significa che c’è una divisione, una visione binaria del mondo occidentale e di quello orientale. Noi non incolliamo suoni orientali su ritmi occidentali, noi vogliamo incarnare entrambe le culture senza pretendere di reinventare la musica orientale o imbrogliare noi stessi credendo di creare la versione orientale della musica dance. Noi vogliamo solo essere parte di tutto ciò, e contribuire a questo fantastico e incredibile capolavoro che la musica è stato per centinaia di anni e che è tuttora. Questo non è fusione. Questo non è un mixaggio. Questo è un punto d’incontro”.
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Un progetto di Fondazione Fabbrica Europa con il sostegno di Comune di Firenze / Estate Fiorentina
Regione Toscana, Ente Cassa di Risparmio di Firenze
in collaborazione con Institut français Firenze, Manifattura Tabacchi, Unicoop Firenze, SDIAF