15 Maggio 2009 - 16 Maggio 2009 21:30
nell’ambito del progetto MOVING_movimento 2009
In Turchia esiste una tradizione: quando muore qualcuno, i familiari lasciano un paio di scarpe del defunto di fronte alla porta di casa sua, così che una persona povera possa prenderle e usarle. Il significato di questo rito è che i parenti possano sentire il loro amato ancora in vita e che ancora cammini su questa terra attraverso i piedi e i passi di qualcun’altro.
L’oggi non è niente di più del ricordo di ieri. L’oggi può essere vissuto e ricordato domani. Il corpo in questa performance è una nave, una macchina del tempo che viaggia tra uno specifico momento del passato e la memoria di esso, tra il corpo-memoria e il corpo fisico sul palco. Il corpo esiste in quel momento, lo vive e successivamente risente dell’influenza del ricordo.
La domanda principale è semplice: come possiamo relazionarci con il ricordo costante della nostra mortalità o potremmo mai davvero superarlo? Come coreografo generalmente mi concentro sul concetto di rischio fisico. Questo mi porta a lavorare con i testi di Pavese e Kane: il percorso artistico di entrambi si è concluso con il loro suicidio. Ho realizzato che era tempo di concentrarmi sulla fragilità dell’animo umano dopo aver esplorato la fragilità del corpo umano e di intraprendere un nuovo percorso che coinvolgesse il rischio emozionale. Il punto comune di questi due scrittori è che i loro suicidi non sono né patetici né tragici. Le loro visioni li conducono a vedere la tragedia degli esseri umani: il ricordo e la nostalgia dei momenti persi e la patetica ricerca della felicità…“oggi, niente…” tutto resta come ieri.