9 Luglio 2016 19:30
Hotel Leon Bianco di San Gimignano | IT
“C’è chi racconta che Ulisse annegò dentro una pozzanghera proprio davanti casa sua, appena sbarcato a Itaca.
E invece eccomi qua.
Dopo dieci lunghi anni, che suono il citofono. E mi aprono la porta.”
Ulisse, stanco a causa dei suoi viaggi e del suo lungo peregrinare, torna finalmente ad Itaca e si perde tra i pensieri nella vasca da bagno della propria abitazione.
I pensieri vengono a galla e con essi anche paure e frustrazioni di uno dei più famosi personaggi della mitologia greca restituendoci il ritratto di un eroe allucinato e alla deriva, molto più contemporaneo di quello che si possa immaginare.
Una minuscola epopea postmoderna in chiave tragicomica per attore e vasca da bagno. Una farsesca Odissea formato bonsai e rielaborata in forma di viaggio sedentario.
“Questo monologo teatrale ho cominciato a scriverlo a gennaio dell’anno scorso, dopo aver letto sui giornali che a seguito della probabile vittoria di Tsipras, in Grecia, i mercati reagivano male, anzi, andavano addirittura in tilt, ho guardato l’intera faccenda secondo una prospettiva di diritti civili, politici, umani, negati. L’ho iniziato a scrivere per davvero dentro una vasca da bagno, a Basilea, e l’ho terminato il 5 luglio 2015, vale a dire il giorno stesso del referendum greco. Mi ha impressionato in questo breve lasso di tempo la quantità di libertà civili negate in nome del libero mercato e mi sono pertanto chiesto se davvero il libero mercato è più importante della libertà vera e propria e quindi dei diritti umani e quindi della democrazia. Mi sono immediatamente immedesimato in una specie di Ulisse postmoderno, che diventa disertore per protesta e al rientro dal suo viaggio si ritrova in casa l’aristocrazia del “capitalesimo” globale che ha invaso il suo palazzo e che sta smantellando i diritti sociali dell’isola mettendo seriamente in pericolo i diritti naturali dei suoi abitanti. Trovo necessario questo breve preambolo politico, per spiegare il perché lo scorso mese di novembre questo testo ha ottenuto il patrocinio di Amnesty International” (Alfonso Diego Casella)