10 Maggio 2015 17:00
Teatro Bramante di Urbania | IT
Nel 1983 le tappe di Pupilla, di e con la performer Valeria Magli, erano scandite da riferimenti culturali inequivocabili (Hans Bellmer, Heinrich von Kleist), da immagini evocative, ora commosse, ora rarefatte. E lo sono ancora.
L’odierna ricostruzione della pièce, affidata a tre ballerine della DanceHaus Company, torna a raccontare il rapporto tra bambola, infanzia, erotismo e non solo.
“La bambola appartiene alla numerosa famiglia delle marionette, dei pupazzi, dei manichini, degli automi” dice Valeria Magli, “tutte effigi dell’umano che si legano agli antichi miti sulla resurrezione dei morti e sulla metamorfosi di esseri vivi in figure morte”.
Ricca di calcolatissima fantasia e di un’accurata scelta di musiche e strofe, Pupilla resuscita insieme alle ambigue donne-robot, una pionieristica stagione italiana di “poesia ballerina”, originale ancora oggi.
Marinella Guatterini
Pupilla è un percorso a ritroso nella memoria.
È anche la storia del rapporto tra l’essere umano e le sue riproduzioni: bambole, manichini, pupazzi, giocattoli speciali che imitano la vita senza raggiungerla.
La bambola rimanda al mondo dell’infanzia con i giochi teneri e le cantilene, ma anche con i suoi misteri e le sue perversioni.
“La bambola è apparsa come punto di incontro fra l’antico mito della statua che diventa viva e la nuova mitologia della morta vita meccanica”.
Allora si passa alla vita che imita la finzione, come fanno oggi robot e automi che ci affiancano.
Valeria Magli