8 Maggio 2014 - 18 Maggio 2014 19:00
Stazione Leopolda di Firenze | IT
Orari di accesso:
Mar 13 > h 19:00 – 20:45
Mer 14 > h 19:00 – 20:45 | h 22:30 – 1:00
Gio 15 > h 19:00 – 20:45 | Incontro / visita con Sergio Risaliti e Alessandro Magini
Ven 16 > h 19:00 – 1:00
Sab 17 > h 19:00 – 20:45
Dom 18 > h 21:00 – 23:00
a cura di Sergio Risaliti
Dopo l’installazione NOMOREEXCUSES di Maurizio Nannucci, Fabbrica Europa accoglie un nuovo progetto site specific nella grande navata della Stazione Leopolda. Si tratta di un percorso ideato e curato da Sergio Risaliti, dedicato a protagonisti dell’arte internazionale che si cimentano con le dimensioni straordinarie dell’ambiente, con opere che affrontano il tema dell’interdisciplinarietà delle tecniche e dei linguaggi – quello dell’architettura e dello spazio pubblico – in sintonia con le linee progettuali espresse dal Festival fin dagli anni Novanta.
Con l’installazione AttoRitratto. Opera scenica, Marco Bagnoli riunisce e presenta per la prima volta dieci sculture monumentali a forma di mongolfiera, opere realizzate in tre decenni ed esposte in Italia e all’estero. Strutture leggerissime in materiali diversi che riproducono la forma ovoidale (una goccia, un seme primordiale) di una mongolfiera alzata in volo in occasione di una mostra in Olanda nel 1984, e divenuta da allora simbolo del viaggio compiuto dall’artista verso l’alto, sia con l’arte sia con la ricerca interiore del “buon luogo”.
La Mongolfiera diventa quindi una sorta di autoritratto, in senso spirituale, dove il corpo materico si svuota a favore di quello eterico che non più ancorato a terra, non più appesantito dalla materia, può liberarsi del superfluo e affrontare un’esperienza di purificazione.
Marco Bagnoli si muove da sempre sul doppio binario di arte e scienza, dove però è la visione dell’artista a colmare le lacune dello scienziato, bloccate ideologicamente di fronte alle rivelazioni di tipo metafisico e trascendentali. Arte, quindi, come soglia da attraversare per un’esperienza di Bellezza che possa accendere un desiderio di Verità ulteriore.
Ogni sua esposizione è un luogo di ombre e di riverberi, di cecità e di illuminazione, di forze centripete e centrifughe, in cui le figure si riproducono parabolicamente sulle pareti a testimoniare l’illusione delle nostre percezioni, come se ci trovassimo nella caverna platonica. Guardare una figura – sia essa dipinta, scolpita, o proiettata – significa azzerare l’immagine concentrando la vista interiore sull’essenza non transeunte del visibile; spingersi al limite estremo della bellezza, dove intelligibile e percepibile si superano a vicenda.
Passo dopo passo avviene che le categorie di spazio e tempo si svuotano di senso: allo stesso modo accade per finito e infinito, oppure per passato, presente e futuro. Lo sguardo si libra in alto e nel vuoto grazie a un esercizio di ascesi che non rinuncia alla contemplazione della bellezza, anzi ne avverte la necessaria ragione, il fatto che la bella apparenza delle cose create sia strumento e vettore per la risalita verso la Verità.
Bagnoli cita sovente Marsilio Ficino e Pico della Mirandola. Nei testi filosofici della seconda metà del Quattrocento trova le parole per esprimere la sua visione artistica, il superamento della scienza grazie all’intuizione trascendentale e all’ “amore di bellezza”, la necessità del sincretismo religioso su cui basarsi per costruire un mondo senza più confitti e disperazione. Come sosteneva Eugenio Garin: “La filosofia verace è sorprendere il fondo misterioso dell’essere, coglierne il segreto, e attraverso una conoscenza che è al di là del sapere scientifico, giungere a comprendere il significato ultimo della vita liberando l’uomo dall’orrore della sua condizione mortale”. Le sue opere sono delle porte da superare per accedere a una dimensione non effimera della realtà, del linguaggio e della tecnica.
“Bagnoli – scrive Fulvio Salvadori – ha riconosciuto che l’altro dell’arte è connaturato a essa, che essa contiene già in sé quello scarto della visione che la libera dal senso comune. La prospettiva non è più interna all’opera, ma rimanda allo spettatore interiore che solo può conferirle unità, sottraendola alla frammentazione degli sguardi, che pur da esso si generano. Il rovesciamento che così si compie, porta in primo piano il punto di vista all’infinito che può definirsi uno e irraggiungibile”.
Sergio Risaliti
In occasione dell’evento saranno organizzati incontri sul significato dell’opera scenica. Parteciperanno tra gli altri il curatore del progetto Sergio Risaliti e Alessandro Magini, compositore e docente di musicologia e drammaturgia all’Accademia Nazionale d’Arte Drammatica Silvio D’Amico di Roma.