Terramara 1991/2013

Compagnia Abbondanza Bertoni

15 Settembre 2015 21:00

Cortile di Palazzo Platamone a Catania | IT


Primo vagito di un duo-compagnia che avrebbe continuato a sondare nei modi più diversi il tema del rapporto con l’altro, Terramara con i suoi echi classici bachiani e il fitto intreccio di suggestioni musicali etniche, ungheresi, indiane, rumene e siciliane, fu un exploit più che riuscito. Una meravigliosa e promettente prima prova autoriale che nell’arco di un’ora sciorinava bravura, quasi virtuosistica – a dispetto di quanti allora serbavano attenzione solo o soprattutto alla coreografia d’altri Paesi – ma non certo e mai fine a se stessa, bensì delicatamente tesa a rinforzare i caratteri di una “mediterraneità” tutta nostra, esemplare e oggi da riscoprire.
Nato come riflessione a due sul trascorrere del tempo, sulle sue vestigia antiche e sulla complessità del legame tra due esseri di sesso opposto che s’incontrano per creare nuova vita e ricrearsi, Terramara già sfruttava tutti i significati e simboli del suo titolo.
Storia d’amore danzata, la pièce lasciava fluire nell’arco di un’ora e in modo originale e desueto, il sentimento più importante e segreto di due amanti nel loro impegno quotidiano, nel tempo comunitario del lavoro. Ed ecco perché le gerle piene di arance da svuotare e riempire, le fascine di paglia da caricare e spostare nello spazio immaginario di campi baciati dal solleone, durante i mesi del raccolto… In una natura, bucolicamente riscoperta come non avremmo visto in nessuna altra pièce di quegli anni ma qualcuno, nell’esplicita e voluta povertà dei suoi elementi villici, volle allinearla a un film come L’albero degli zoccoli – si danzava il desiderio di trovare nel lavoro pure amaro e faticoso, la scansione del tempo secondo le leggi della terra e dunque i ritmi originari dell’unione tra maschile e femminile.

Centinaia di arance riversate in scena non potevano essere, qui, un semplice ed esplicito omaggio al teatrodanza dalle scenografie naturalistiche di Pina Bausch, ma la necessità del colore/calore capace di accendere gesti e sguardi e di riversarli verso il pubblico in un abbraccio emotivo. Su questo turgore espressivo e drammatico, sprigionato nel rigore di una danza comunque formale, fa leva anche la ricostruzione 2013 di Terramara, ora danzato da una coppia di giovani scelti nel bacino veneto, e guidati dai due coreografi originari.
Marinella Guatterini

 

coreografia: Michele Abbondanza
con Eleonora Chiocchini e Francesco Pacelli
cura del riallestimento: Antonella Bertoni
musiche: J.S. Bach, G. Yared, S. Borè e musiche della tradizione popolari
scene 1991: Lucio Diana
luci: Carlo Meloni
realizzazione costumi: Marta Griso
direzione tecnica: Andrea Gentili
organizzazione e ufficio stampa: Dalia Macii e Francesca Leonelli
produzione 1991: Drodesera – Centro Servizi Culturali Santa Chiara
produzione 2013: Compagnia Abbondanza/Bertoni
in collaborazione con Amat – Associazione Marchigiana Attività Teatrali, Arteven Circuito Teatrale Regionale Veneto – Città di Venezia – Assessorato alle Attività Culturali, Teatro Pubblico Pugliese
in coproduzione con Fondazione del Teatro Grande di Brescia, Fondazione Fabbrica Europa per le arti contemporanee, Fondazione Milano Teatro Scuola Paolo Grassi, Fondazione Ravenna Manifestazioni, Fondazione Teatro Comunale di Ferrara, Torinodanza
Riallestimento nell’ambito del progetto
RIC.CI/Reconstruction Italian Contemporary Choreography Anni ’80/’90
ideazione e direzione artistica: Marinella Guatterini
[foto: Stefano Manica]
INFO


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