Evento SOLD OUT
in collaborazione con Fondazione Teatro della Toscana
aSH è l’ultima creazione della mia trilogia di ritratti femminili, dopo Questcequetudeviens? con Stéphanie Fuster del 2008 e Plexus del 2012 con Kaori Ito.
In questa trilogia prendo come punto di partenza non tanto lo spazio, che è uno dei temi centrali del mio teatro, ma una donna, una persona che ha una sua storia, un essere vivente che si svela attraverso la danza.
In Shantala Shivalingappa c’è Shiva, dio della danza. Secondo i testi, Shiva ha più di mille nomi. È un dio creatore e distruttivo. Signore dei luoghi delle cremazioni, copre il suo corpo di cenere. Shantala Shivalingappa ha costruito la sua danza sulla figura di questo dio, la cui vibrazione ritma il manifestarsi del mondo.
Ho chiesto a Shantala se voleva sperimentare la cenere. La cenere non è solo il residuo solido della combustione perfetta, è un processo. Fa parte di un ciclo di morte e nascita che inizia dal vuoto, che in teatro è anche l’inizio di qualsiasi forma e che tende verso una forma effimera, per poi scomparire. La danza Shantala ricorda un kolam, un disegno di farina creato per terra al mattino e poi distrutto dal vento durante il giorno, per essere rifatto il giorno successivo. Nei gesti mille volte ripetuti del suo Kuchipudi, nel suo corpo, è inscritta una geometria. Cerchi, punti, simmetrie, spirali, frattali, la sua danza sembra una rappresentazione della struttura stessa del mondo.
In “Shantala Shivalingappa”, la sequenza di sillabe è già di per sé una danza. Per aSH, un titolo composto dalle finali e dalle iniziali del suo nome, vorrei che l’intero spazio fosse ritmo.
Vorrei che lo spazio si manifestasse inizialmente come una vibrazione, che il percussionista Loïc Schild riprende, trasforma e prolunga all’infinito.
La danza di Shantala è fatta del suo percorso tra India ed Europa, tra Kuchipudi e Pina Bausch, tra Shiva e Dioniso, che alcuni dicono provenire da uno stesso dio. Shantala non smette mai di andare avanti e indietro tra Madras, dove è nata, e Parigi, dove vive. E la sua danza è come un pendolo perpetuo, come il nostro incontro, a metà tra misticismo indù e fisica quantistica.
– Aurélien Bory
Aurélien Bory, regista, nel 2000 fonda a Tolosa la Compagnie 111 con cui sviluppa un teatro fisico, personale e ibrido, che attraversa diversi ambiti (teatro, circo, danza, arti visive, musica).
I suoi spettacoli sono ormai rappresentati in moltissimi paesi: un riconoscimento internazionale iniziato con Plan B (2003) e Plus ou moins l’infini (2005), realizzati in collaborazione con il regista Phil Soltanoff.
Con Questcequetudeviens? (2008), creato per la danzatrice di flamenco Stéphanie Fuster, ha inaugurato una serie di “ritratti di donne” proseguita con Plexus (2012) per la danzatrice giapponese Kaori Ito e con aSH per Shantala Shivalingappa (2018).
Il suo lavoro si focalizza su un rinnovamento della forma, che lascia sempre uno spazio all’immaginario dello spettatore, e su un’estetica che rivela il suo interesse per la scienza, nato anche grazie ai suoi studi in fisica.
Nata a Madras e cresciuta a Parigi, Shantala Shivalingappa inizia il suo percorso nella danza sin dall’infanzia con la madre ballerina, Savitry Nair. Attratta dalla purezza e dalla grazia dello stile di Vempati Chinna Satyam, si dedica al Kuchipudi, ricevendo una formazione rigorosa e intensa.
Dotata di una grazia e di un talento straordinari, ha danzato per i maggiori artisti internazionali: da Maurice Béjart (1789 … et nous) a Peter Brook (per il quale ha interpretato Miranda ne La Tempesta e Ofelia ne La Tragedia di Amleto), da Bartabas (Chimère) a Pina Bausch (O Dido, Nefes, Sacre du Printemps, Bamboo Blues). Si è dedicata anche a progetti di collaborazione con altri artisti, tra cui Play (2010) in duo con Sidi Larbi.
Oggi Shantala divide il suo tempo tra la creazione di nuove coreografie di Kuchipudi e la
costruzione di un suo personale repertorio.
con Shantala Shivalingappa
e Loïc Schild (percussioni)
ideazione, scenografia, regia: Aurélien Bory
coreografia: Shantala Shivalingappa
composizione musicale dal vivo: Loïc Schild
drammaturgia: Taïcyr Fadel
disegno luci: Arno Veyrat assistito da Mallory Duhamel
composizione musicale programmata: Joan Cambon
concezione tecnica della scena: Pierre Dequivre, Stéphane Chipeaux-Dardé
costumi: Manuela Agnesini con il prezioso contributo di Nathalie Trouvé
direzione tecnica: Thomas Dupeyron
direzione di palco: Mickael Godbille
responsabile suono: Stéphane Ley
responsabile luci: François Dareys
direzione di produzione: Florence Meurisse
responsabile di produzione: Clément Séguier-Faucher
press: Agence Plan Bey
produzione: Compagnie 111 – Aurélien Bory
coproduzione: ThéâtredelaCité – CDN Toulouse Occitanie, Festival Montpellier Danse 2018, Agora –
PNAC Boulazac-Nouvelle-Aquitaine, La Scala – Paris, L’Onde Théâtre Centre d’Art – Vélizy-Villacoublay
con la collaborazione artistica di ENSATT-Lyon
con il supporto di Fondazione Nuovi Mecenati – Fondazione franco-italiana di sostegno alla creazione contemporanea
[foto: Aglae Bory]