4 Luglio 2014 - 5 Luglio 2014 19:30
Festival Baltoscandal Rakvere | EE
Questa creazione di Bouchra Ouizguen si configura come un viaggio nella cultura Aïta attraverso la danza e la musica.
Un omaggio a queste donne marocchine che sfuggendo al chiuso mondo delle tradizioni rurali del loro paese hanno coraggiosamente scelto di confrontarsi con l’arte.
Note coreografiche sul mio lavoro coreografico con le Aïta
Un’Aïta
Nata un secolo fa un’Aïta avrebbe imparato molto giovane a cantare e a suonare uno strumento e nei circoli del potere di allora avrebbe vissuto in mezzo alle donne, come una geisha, ascoltata per la sua poesia, il suo canto, la sua arguzia, e ammirata per la sua bellezza. Un secolo più tardi le donne Aïta, la cui arte è ancora apprezzata dagli intenditori, sono diventate artiste del popolo.
Una figura
Nella mia breve vita come danzatrice orientale le ho spesso incontrate che suonavano e danzavano in gruppo; ho sentito la nostra vicinanza e insieme la differenza tra i nostri modi di essere.
Il pubblico, per la maggior parte maschile, parla con loro in modo volgare quasi come si rivolgesse a delle prostitute.
Quello che c’è di toccante nella loro arte è la capacità di sdrammatizzare la vita, di cantarla nel suo profondo, ma anche di far ridere il pubblico e di creare fastidio con loro trivialità; queste donne mature sono come una figura violata della madre: gli uomini si lasciano provocare e le loro reazioni volgari sono lo specchio delle loro contraddizioni…
Il cammino verso la libertà del corpo
Partire da loro, dai loro corpi, dalla loro storia, tentare di andare verso cammini sconosciuti, loro e miei, lasciarsi sorprendere. Esse mi guidano, io le guido, ci lasciamo portare verso un incontro che di volta in volta diventa più vitale.
Il mio approccio è stato prima di tutto quello di convincerle a danzare con me qualcosa di diverso perché i loro corpi hanno delle possibilità straordinarie: a cinquant’anni si pensa che una donna non utilizzi più la sua sensualità per dire delle cose, in loro invece questo vocabolario non si è attenuato perché tutte le sere sono a esibirsi nei cabaret davanti a uomini che aspettano questa forma di eccitazione visiva ormai codificata.
Quanto a me, nello studio della danza contemporanea, mi sono ritrovata a fare un lungo cammino: ho percorso migliaia di chilometri per imparare, quando in realtà, accanto a me, altre donne avrebbero potuto trasmettermi qualcosa che era già così evidente: il cammino verso la libertà del corpo.
Sul corpo e la voce…
In questo lavoro o piuttosto in questo incontro umano, amoroso, amichevole, materno e immateriale, non ho esitazioni a liberarmi per ricostruire un altro luogo. Qui, con Naïma, Fatima e Hliouti, cerco… tento di percepire la storia di queste vite per far sbocciare voce e corpo.
Questo mi porta all’improvviso nel vuoto assoluto, anche il riso. Un piccolo soffio di voce che trafigge la carne e l’essere, un piccolo tocco della mano, dell’anca, un colpo del bacino che ti smuove o ti ricorda che tu sei là, di fronte a un grido, a un gesto d’insofferenza: questa materia, così banale e così preziosa, è al contempo impalpabile e inattesa. Sono sorpresa e emozionata da loro: non è questo in fondo la danza?
Bouchra Ouizguen