10 Maggio 2011 23:00
Stazione Leopolda di Firenze | IT
Canto funebre, preghiera per il riposo del corpo e dell’anima, il Requiem evoca un luogo intermedio tra la carne e la coscienza, la proiezione dell’essere verso l’ignoto. Come possiamo oggi appropriarci di questa celebrazione ambigua – lamento e grido di ribellione, richiesta di conforto e rito di insubordinazione? Come possiamo restituirgli la sua forza perturbatrice e scolpire un “corpo-requiem”, miscela di tumulto e sollievo, di fascinazione e orrore?
Accompagnati dal chitarrista Marc Sens, i coreografi francesi Magali Milian e Romuald Luydlin si sono appropriati del requiem come di una forma da disarticolare, come di un potenziale da riattivare. Adottandone l’insistenza e la ripetitività, l’hanno trasformato in un rito di passaggio in chiaroscuro, una zona intermedia in cui dispiegare dimensioni nascoste del corpo e in cui esplorare simultaneamente stati di intensità, sospensione, immobilità e rottura. All’orizzonte di questa ricerca, l’enigma del riposo – situazione paradossale che non è né pace né morte né sonno, ma è resistenza al flusso: presenza che non può venire meno e rifiuto.
Lavorando sul confine tra generi, Requiem funziona come un disporsi di materiali in tensione: corde vocali che cantano, che scandiscono il testo, corde della chitarra strofinate, colpite o sfiorate; muscoli che tengono le membra ai cavi che sostengono il corpo come un’offerta o un supplizio – ogni elemento sembra pronto a cadere ad ogni istante. Urtando la scena per aprirsi un varco, i due interpreti confondono le tracce e i ruoli; di volta in volta protagonisti o passivi, silhouette inanimate o officianti di una strana cerimonia, incarnano la doppia dimensione del passaggio: il corpo che attraversa e che fa da tramite.
Come eco al testo di Casey, la musica di Marc Sens – piena di rumore, di cigolii metallici e di slanci melodici – si fa orchestra e percussioni, diventa frusta che sferza il corpo o sussurra che lo si accarezzi.
A forza di tirare, di torcere la carne, emergono delle immagini: una statua giacente, un abbraccio, le figure doppie di Eros e Thanatos che cantano insieme. Per sempre.
Gilles Amalvi