17 Maggio 2011 - 21 Maggio 2011 21:00
CANGO Cantieri Goldonetta di Firenze | IT
liberamente tratto da Il grande quaderno di Agota Kristof
prima parte della Trilogia della Città di K.
L’uno di fronte all’altro
Le quattro scene dello spettacolo sono ispirate al racconto di Agota Kristof Il grande quaderno, prima parte della Trilogia della città di K.
Affiora una fiaba fatta di esercizi sulla pelle, nel cuore tenebroso della guerra. Si tratta di un grumo di azioni curate insieme all’emissione della voce, sempre all’unisono; questa, a sua volta, è accompagnata dalla similarità di un gesto che, in una forma dislessica, si perde nell’universo fiabesco, tra lentezza e sospensioni, attese e presagi.
L’azione viene immersa nell’oscurità notturna, ricercando ogni volta il tempo delle apparizioni, la loro radice indicibile: in questo senso il corpo si manifesta attraverso un arcipelago di sospensioni e slittamenti, lasciandosi sussurrare e spostare da una voce corale, distante ma interiore.
Nell’essere allo stesso tempo fuori e dentro, le gemelle circoscrivono le loro azioni a quattro scene, definite e intese come altrettanti arrivi e annunci: arrivano con scatole regalo come due bambini che giocano alla guerra; sono travestite da donne ancestrali e popolari, per poi uscire dal guscio trasformate in nonne che si oppongono al carro armato; infine appaiono riverse sullo scheletro di un cervo. L’infanzia è dunque un viatico per giocare ai grandi (la madre, la nonna, il padre, il potere, la chiesa) riversandosi nell’esperienza dell’incontro: i gemelli attraversano il tempo della guerra con la magia della loro forza disumana, affidandosi ogni giorno a una prova oltre le loro forze; collezionano una serie di esercizi estremi attraverso piccole cose marginali.
Solo col tempo si leggono nel loro corpo, nella trama ostinata dei gesti millimetrati, tracce di territorio segnate per terra: il villaggio, la foresta, le fosse, il torrente, la frontiera, i limiti invalicabili. Una miriade di sguardi e di dislocazioni che aprono al selvaggio.
Luisa e Silvia hanno lavorato sull’idea di regalarsi alla forma dell’unisono, allo scopo di far coincidere la voce e il movimento secondo andature di riconoscimento fatte di scarti e dislessie. Questa forma semplice di includerle in una metrica comune è stata la radice del nostro percorso, la fonte dove si sono annidate tutte le diversità e le divergenze: scivolare in una dinamica secondo un sistema di respiri, sguardi, ascolti, attese, nel galleggiamento del testo scelto alla ricerca di continui sensi e sospensioni.
Virgilio Sieni