Primo vagito di un duo-compagnia che avrebbe continuato a sondare nei modi più diversi il tema del rapporto con l’altro, Terramara con i suoi echi classici bachiani e il fitto intreccio di suggestioni musicali etniche, ungheresi, indiane, rumene e siciliane, fu un exploit più che riuscito. Una meravigliosa e promettente prima prova autoriale che nell’arco di un’ora sciorinava bravura, quasi virtuosistica – a dispetto di quanti allora serbavano attenzione solo o soprattutto alla coreografia d’altri Paesi – ma non certo e mai fine a se stessa, bensì delicatamente tesa a rinforzare i caratteri di una “mediterraneità” tutta nostra, esemplare e oggi da riscoprire.
Nato come riflessione a due sul trascorrere del tempo, sulle sue vestigia antiche e sulla complessità del legame tra due esseri di sesso opposto che s’incontrano per creare nuova vita e ricrearsi, Terramara già sfruttava tutti i significati e simboli del suo titolo. Storia d’amore danzata, la pièce lasciava fluire nell’arco di un’ora e in modo originale e desueto, il sentimento più importante e segreto di due amanti nel loro impegno quotidiano, nel tempo comunitario del lavoro. Ed ecco perché le gerle piene di arance da svuotare e riempire, le fascine di paglia da caricare e spostare nello spazio immaginario di campi baciati dal solleone, durante i mesi del raccolto. In una natura, bucolicamente riscoperta come non avremmo visto in nessuna altra pièce di quegli anni, si danzava il desiderio di trovare nel lavoro pure amaro e faticoso, la scansione del tempo secondo le leggi della terra e dunque i ritmi originari dell’unione tra maschile e femminile.
Centinaia di arance riversate in scena non potevano essere, qui, un semplice ed esplicito omaggio al teatrodanza dalle scenografie naturalistiche di Pina Bausch, ma la necessità del colore/calore capace di accendere gesti e sguardi e di riversarli verso il pubblico in un abbraccio emotivo. Su questo turgore espressivo e drammatico, sprigionato nel rigore di una danza comunque formale, fa leva anche la ricostruzione 2013 di Terramara. Ora viene danzato da una coppia di giovani scelti nel bacino veneto, e guidati dai coreografi originari. La sua rinascita è, come i precedenti capisaldi italiani di RIC.CI, non certo pura archeologia, ma esemplare e fresca rigenerazione di una pièce generosa nell’intreccio coreografico, nella costruzione anche musicale, quanto nella fisicità a tinte arancioni.
Marinella Guatterini
CALENDARIO
11 maggio 2013 | Teatro Toniolo, Mestre
13 ottobre 2013 | Torinodanza, Torino
16 ottobre 2013 | Teatro Sociale, Trento
15 novembre 2013 | Cantieri Teatrali Koreja, Lecce
25 gennaio 2014 | Teatro Comunale, Vicenza
28 febbraio 2014 | Teatro Camploy, Verona
13 maggio 2014 | Festival Fabbrica Europa – Teatro Cantiere Florida, Firenze
15 maggio 2014 | Teatro della Fortuna, Fano
12 giugno 2014 | Ravenna Festival – Teatro Rasi, Ravenna
11 ottobre 2014 | Teatro Grande, Brescia
16 dicembre 2014 | Teatro Comunale, Ferrara
16 gennaio 2015 | Teatro Gioia, Piacenza
25 – 26 gennaio 2015 | PimOff, Milano
31 gennaio 2015 | Teatro Kismet, Bari
9 maggio 2015 | Teatro Verdi, Padova
20 giugno 2015 | Chiostri di Santa Caterina, Finale Ligure
15 settembre 2015 | Cortile di Palazzo Platamone, Catania
9 – 10 dicembre 2015 | Teatro India, Roma