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La comunità è un tema che ha assunto grande rilevanza nelle ricerche coreografiche europee di questi ultimi anni, perché sempre più la danza, come espressione artistica, sposta la sua funzione dalla rappresentazione alla relazione con un contesto, un territorio, una comunità, costruendo percorsi di senso, esperienze condivise in opposizione ai processi di omologazione e conformismo del villaggio globale della Rete e alla sovrapproduzioni di rappresentazioni, verosimili o no, che i dispositivi tecnologici hanno innescato.
Nel continente africano la danza è ancora oggi un’espressione collettiva viva, che appartiene a ciascuna comunità, influenzando e connotando i codici, le estetiche e le poetiche dei coreografi contemporanei. Approfondire il tema della comunità da prospettive e culture differenti è diventato un punto di partenza modo per comprendere meglio quale funzione essa assuma nel contesto storico attuale e per indagare le modalità con cui l’arte performativa può diventare connettore tra una collettività e il proprio territorio, la propria storia e la propria cultura.
La prima fase di questo percorso, che si è svolta tra giugno e luglio 2020 a distanza, ha visto collaborare il videoartista e regista Luca Brinchi e la danzatrice e coreografa Irene Russolillo con i giovani artisti senegalesi Mapate Sakho e Antoine Danfa e il tunisino Ilyes Triki, affiancati dai tutor Massimo Carosi, Danza Urbana, Luca Ricci, Kilowatt, Giuseppe Muscarello, Muxarte, Andrés Morte, Fabbrica Europa e Jean Tamba, Cie 5e Dimension.
Il percorso aveva come coordinata principale quella di realizzare un periodo di ricerca, instaurando una dinamica di co-creazione, attorno al concetto di comunità e alle sue declinazioni in contesti geograficamente, politicamente e culturalmente differenti.
La prima fase progettuale ha visto svolgersi un periodo di lavoro collettivo e individuale da remoto con appuntamenti cadenzati, in cui gli artisti italiani hanno potuto interagire con gli artisti africani dandosi delle task per sviluppare singolarmente dei materiali da condividere con gli altri. La ricerca è partita dalla parola comunità, intesa come «insieme di persone unite da vincoli di appartenenza o che hanno comunione di vita sociale, condividono gli stessi comportamenti e interessi e come collettività, messa in relazione con alcune persone e luoghi» e con altre parole come famiglia, amicizia, rito, paesaggio.
La crisi pandemica ha imposto di lavorare a distanza, richiedendo quindi un atto di invenzione rispetto al concetto stesso di residenza che, non potendosi esplicare dal vivo, andava riconsiderata e ridefinita per poter essere effettivamente portata avanti.
A giugno 2020 è così iniziata una prima fase di conoscenza, tramite sessioni Zoom in cui i cinque artisti hanno cercato di sintonizzarsi su una modalità che facesse sentire tutti a proprio agio e consentisse di costruire un clima di fiducia reciproca per potersi porre delle domande via via più dettagliate e personali, riguardo alla propria vita quotidiana, ai rapporti familiari e poi alla comunità di riferimento, compreso il contesto culturale e il paesaggio urbano e naturale, facendo confluire le varie risposte in video realizzati dagli stessi artisti con le fotocamere dei propri smartphone – che sono diventati de(gl)i (auto)ritratti.
In prospettiva, quando gli incontri dal vivo saranno nuovamente possibili, i ritratti si cristallizzeranno in una installazione video e in performance in cui le azioni dal vivo interagiranno con le immagini.
Per la realizzazione di questi video si è utilizzata una metodologia diversificata: in alcuni casi c’erano indicazioni dettagliate su durata, inquadratura, tecnica di ripresa, ecc.; in altri casi, si partiva da domande a cui rispondere o da porre a persone intervistate. Come in una sessione di improvvisazione in cui il coreografo dà delle regole piuttosto rigide e omogenee ma il risultato che ne deriva è declinato in modalità personalissime da ciascun interprete, allo stesso modo una stessa consegna in termini di ripresa video è stata poi realizzata con modalità differenti secondo i canoni estetici di ciascuno. A questo materiale video raccolto, si unisce poi il piccolo archivio di registrazioni delle sessioni Zoom in cui gli artisti si sono scambiati aneddoti, racconti di vita e considerazioni sul mondo. Sono stati affrontati temi come la formazione professionale, il ruolo dell’artista nella società, il rapporto con la cittadinanza, le abitudini culturali e religiose, la questione di genere nell’arte contemporanea, l’uso e la cura pubblica del paesaggio, l’economia, l’accesso ai luoghi della cultura.
Dal punto di vista prettamente coreografico, il lavoro somatico e coreutico sarà realizzato dal vivo nella seconda fase di sviluppo del percorso. In particolare, verrà proseguita la ricerca intorno al rapporto tra corpi in movimento e paesaggio naturale e urbano, mettendo in relazione la finitudine del corpo umano con la vastità di ambienti naturali in Senegal o in Tunisia.